Breve storia del culto e della nascita della Parrocchia
riassunta da Anna e Antonietta Apicella
Il canonico e storico Giuseppe Trezza nel libro “Inter rubeta lilium” (Il giglio tra i roveti) racconta l’origine e la fondazione della chiesa di S. Maria del Rovo che è intessuta di fede, devozione e abnegazione nelle diverse tappe e vicende della costruzione. La zona rurale, a nord-ovest di Cava, in cui sorse il culto alla Vergine, nei primi decenni del XIX secolo, apparteneva alla frazione di Passiano, nella contrada dell’”Acqua della Cerza”, i cui confini erano S. Martino, S. Giuseppe al Pozzo e il torrente Gargarallo. La giovane Teresa Senatore, modesta contadina, spinta da fervente zelo, viste le diverse difficoltà per raggiungere la chiesa di Passiano, radunò i bambini sotto la volta di una scala incorniciata da un rovo per insegnare loro i primi rudimenti religiosi. Lì pose un’ immagine di carta della Madonna, sotto il titolo di Mater Domini, che prese il nome di “Madonna del Rosto” e poi di “Madonna del Rovo”. Verso il 1840, aumentando il culto alla Madonna, si raccolsero offerte per realizzare un dipinto su tela che fu commissionata dal sacerdote Natale Senatore al pittore cavese Vincenzo Meccia secondo lo schema compositivo dei maestri bizantini. Costò 15 carlini, pari a 24,195 euro.
Nel 1849, Gelsomina, sorella di Teresa, soprannominata “Santella”, continuò l’opera di formazione con impegno coinvolgendo la comunità e nel 1853 riuscì a edificare una cappella rurale dove sistemò la tela della Madonna, ma subito risultò piccola per i numerosi fedeli che vi accorrevano. Perciò fu ampliata con la costruzione di un ambiente con volta a botte decorata da stucchi e di un altare e fu consacrata al culto il 7 maggio 1861. Anche questa chiesetta risultò insufficiente per cui il sacerdote Alfonso Apicella (1842- 1912) e Gelsomina (1821-1903) diedero inizio all’attuale chiesa, di dimensioni più grandi, fra il 1870 e il 1875. Ci fu una gara di laboriosità e di tenacia: i contadini, dopo i lavori dei campi, lavoravano senza sosta alla costruzione della chiesa, avvalendosi della collaborazione delle donne e a volte anche dei bambini. Il sacerdote li aiutava e li incoraggiava con la parola e con l’esempio. Erano tempi duri, ma tutti gli ostacoli si superavano con le offerte non solo dei filiani, ma anche delle comunità viciniori di Vietri, Maiori, Amalfi, Salerno. La chiesa fu realizzata su progetto e direzione dell’ingegnere Michele Accarino e fu consacrata il 14 giugno 1883 dal vescovo Giuseppe Carrano.
La facciata è a capanna di stile romanico suddivisa in fasce orizzontali e finte lesene con archetti pensili decorativi. L’interno ha un’unica navata con due altari laterali e arco trionfale, nella cui abside è collocato l’altare su cui campeggia l’effigie di S. Maria del Rovo. Nel 1886 furono costruite la sacrestia e due stanze superiori; nel 1890 fu eretto il campanile; nel 1895 il vescovo Giuseppe Izzo benedisse le prime campane che furono chiamate “S. Maria del Rovo” e “Immacolata”; nel 1899 iniziarono i lavori per l’organo a canne che fu benedetto il 30 gennaio del 1900 dal vescovo Izzo.
Alla morte di Gelsomina il sacerdote Alfonso Apicella e i fedeli continuarono a diffondere il culto mariano e a completare i lavori del sacro tempio. Per le numerose grazie che la Madonna elargiva a chiunque la invocasse indusse il vescovo Giuseppe Izzo a chiedere al Capitolo Vaticano l’incoronazione della miracolosa immagine e la solenne cerimonia fu compiuta il 9 giugno 1909 nella Cattedrale di Cava. Nel 1913 il sacerdote don Prospero Pisapia (1886-1943) abbellì il tempio con il battistero, la balaustra e il pavimento di marmo. Nel 1918 fu decorata l’abside con affreschi dall’artista Antonio Ferrigno nei quali raffigurò Mosè e il roveto ardente. Il 1° gennaio 1920 fu dichiarata parrocchia autonoma con decreto del vescovo Luigi Lavitrano.
Nel 1945, dopo il secondo conflitto mondiale, in segno di gratitudine alla Madonna per lo scampato pericolo, per iniziativa del parroco Sabato Apicella e dei fedeli, fu affrescata dal pittore Guglielmo Coppola la volta della navata con le immagini dell’Annunciazione e dell’Assunzione della Vergine con la SS.Trinità. Per il primo centenario dell’incoronazione (2009) è stata fusa una campana con il nome di “Incoronata”.
La Comunità di S. Maria del Rovo fin dall’origine ha dimostrato una profonda e filiale venerazione alla sua Mamma celeste: dalle cronache e dai ricordi degli anziani emerge l’immagine viva di una comunità unita nella gioia e nel dolore sotto la protezione e lo sguardo vigile della Patrona. La pietà popolare mariana si è sempre concretizzata in numerosi momenti comunitari come tridui, settenari, novenari e Peregrinatio Mariae fin dal suo nascere…..E la storia continua con ritmo serrato con il parroco don Francesco Della Monica grazie alla sua energia e al suo senso aggregativo con tecniche a diversi livelli. Sin dal suo arrivo ha saputo coniugare slancio e aggregazione concretizzando la sua opera nel ricostruire una Comunità e la sua Casa. Tra le tantissime iniziative ricordiamo e menzioniamo alcune:
Nel 2010 amplia e porta a termine i lavori di ristrutturazione della chiesa parrocchiale. Inaugura e istituisce l’importante appuntamento del Presepe e della Via Crucis Vivente che ogni anno richiama sul posto miglia di visitatori.
Nel 2011 organizza e realizza, grazie al contributo di Antonio Avagliano e famiglia, il totale recupero e restauro dell’organo a canne realizzato da Zeno Fedeli nel 1900 e rimasto muto dal 1985.
Nel 2014 organizza e realizza il restauro dell’Icona di Maria SS. Incoronata del Rovo e il recupero di tutti gli arredi dell’altare maggiore.
Nel 2014/2015 organizza e promuove il primo lotto di lavori presso l’Eremo di Michele A. e S. Martino V.
Nel 2018/2019 organizza, promuove e realizza il restauro di tutti gli affreschi della chiesa parrocchiale, il nuovo impianto elettrico e dona, oltre a parte del restauro, la nuova sede e l’ambone a ricordo del suo decennale dell’ordinazione presbiterale.
Nel 2020 organizza e promuove l’elezione di Santa Maria del Rovo a 18ma frazione del Comune di Cava de’ Tirreni (29 giugno).
Non si può fare a meno di ricordare i versi di Trezza:
“Gli avi vetusti un tempio
T’eressero devoti
Noi ne seguiam l’esempio
Nell’opera d’amor.