Commento alla XXVII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Domenica 5 Ottobre 2014

“Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo:
avranno rispetto per mio figlio!…”

INTRODUZIONE
G – Celebriamo oggi la XXVII domenica del tempo ordinario. Il legame simbolico fra le odierne letture è determinato dall’immagine della vigna, metafora molto cara alla tradizione biblica. Visitando il tempio di Gerusalemme, Gesù prova una grande delusione, perché lo trova senza frutti: perciò propone ai capi dei sacerdoti la parabola dei vignaioli, che non vogliono dare i frutti e addirittura uccidono il figlio del padrone. Nel formulazione del quadro simbolico Gesù adopera le stesse parole dell’antico profeta Isaia, che – con un canto d’amore – denunciava al popolo la grande delusione di Dio nei loro confronti: la casa di Israele è la vigna del Signore, eppure va in rovina. L’annuncio positivo è affidato al testo apostolico, in cui si constata come la visita di Dio abbia cambiato la storia: il nuovo popolo, formato da Cristo vera vite e dall’innesto dei nuovi tralci, gusta finalmente il frutto messianico in una pace che non deludo. Come sempre ricordiamo l’educazione di spegnere i cellulari, di occupare tutti i posti disponibili senza fermarsi e accalcarsi all’ingresso e l’importanza di partecipare alla preghiera senza parlare o creare distrazioni varie.

PRESENTAZIONE DEI DONI
G – Con il pane, il vino, il cesto di solidarietà e le offerte raccolte nei cestini offriamo al Signore la nostra capacità di portare frutto buono.

RINGRAZIAMENTO
G – C’è una storia di amore tra Dio e il suo popolo, Israele, e lo dimostra la cura con cui egli tratta la sua vigna. Ma tanta tenerezza non ha trovato una risposta adeguata, dei frutti abbondanti. Anzi la responsabilità verso un dono grande, smisurato, si è cambiata in pretesa di diventare i padroni del podere e di non dover rendere conto a nessuno. E la gratitudine ha lasciato il posto ad una violenza inaudita nei tuoi confronti, Gesù, il figlio venuto a portare a compimento un disegno di salvezza e di amore. Così ci si è esclusi volontariamente da quella comunione che era offerta di grazia, possibilità di pienezza. Non è solo la storia di Israele, però, è anche la nostra storia: storia di ingratitudine, di un amore ignorato, tradito, o addirittura rifiutato, osteggiato. Ed è un rischio che noi, cristiani di antica data, corriamo più di altri perché ai tuoi occhi nessuno può vantare diritti sul Regno: la sua cittadinanza si acquisisce non per eredità, per privilegio, ma solo fornendo i frutti che tu attendi.

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