Commento alla V Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

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–  7 Febbraio 2021 –

«Andiamocene altrove […] perché io predichi anche là»

INTRODUZIONE

G. –  Celebriamo oggi la V Domenica del Tempo Ordinario. Una fragilità custodita da Dio. Il tema della parola di Dio di questa domenica è costituito dal mistero della fragilità della vita umana, cui viene incontro l’amore salvifico e gratuito di Dio in Gesù. Giobbe, nella prima lettura, si presenta come colui che pur sentendo il peso del dolore e della fragilità della vita si affida a Dio, diventando un maestro di ricerca di senso nella sofferenza e un modello per la spiritualità e l’etica di fine vita, specie per la società dei nostri giorni. Paolo, nella seconda lettura, pone al centro l’annuncio gratuito del vangelo di Dio e il suo metodo di evangelizzatore, come stile di vita per la salvezza di tutti. Infine Gesù, nel vangelo, viene incontro al dolore umano guarendo la suocera di Pietro dalla febbre e diverse persone da molte malattie. Trova pure larghi spazi di tempo per la preghiera e per riprendere la sua predicazione, facendo unità tra prassi terapeutica, incontro con il Padre e missione. Noi siamo fra i «tutti» che cercano Gesù. Per il contenimento della diffusione del contagio del Covid-19 ricordiamo che l’accesso in chiesa è consentito solo nei posti a sedere indicati e con la mascherina ben posizionata sul volto per tutta la durata della celebrazione.

PRESENTAZIONE DEI DONI

G. – Con il pane, il vino, il cesto della solidarietà presente in ogni negozio della Città offriamo al Signore la fragilità umana risanata dalla grazia del suo amore.

RINGRAZIAMENTO ALLA SANTA COMUNIONE

G. – Ogni volta, Gesù, che arrivo a Cafarnao, il racconto del vangelo di oggi mi si presenta davanti nel percorso che collega l’antica sinagoga del primo secolo alla piccola casa di Pietro. E scopro la bellezza e la forza dei gesti semplici compiuti da te quel giorno. Tu sei venuto proprio per entrare nelle nostre case, nei luoghi abituali di questa nostra esistenza, segnati dalla nostra povertà e da tutte le nostre malattie, da ciò che ci paralizza, ci rende infermi, ci trattiene a letto, dalle nostre febbri la cui origine rimane spesso ignota. Tu sei venuto per avvicinarti a noi a costo di sporcarti con la nostra impurità, col nostro peccato. E le tue intenzioni emergono subito dal gesto che compi con naturalezza: ci prendi per mano per farci alzare. Non ci abbandoni ai nostri mali ma ci afferri per salvarci, per rimetterci in piedi, facendoci ritrovare la nostra dignità, le nostre forze, la nostra voglia di vivere. È un gesto di risurrezione, è un’offerta di amore che ci trasforma nel profondo. E qual è il segno di quanto è accaduto? Che scopriamo quanto sia bello servire.